Le fratture da fragilità

Le fratture da fragilità sono la complicanza più seria dell’indebolimento delle ossa dovuto all’osteoporosi. Sono molto comuni, soprattutto negli anziani e nelle donne in post-menopausa e possono peggiorare notevolmente la qualità della vita, causando dolore, disabilità e perdita di autonomia.
In alcuni casi possono arrivare a provocare un’invalidità permanente e aumentare anche il rischio di decesso.

Come abbiamo visto nella sezione dedicata, per una persona affetta da osteoporosi anche una piccola caduta, un urto, un trauma lieve possono causare la frattura dell’osso.

Più precisamente, l’OMS Organizzazione Mondiale della Sanità definisce fratture da fragilità le fratture spontanee o indotte da minimi traumi e risultanti da forze meccaniche che normalmente non causerebbero una simile lesione, ad esempio le fratture che derivano da una caduta dalla posizione eretta o da altezza ridotta.

Dopo aver individuato i fattori e le condizioni (patologie e terapie farmacologiche) che aumentano il rischio di incorrere a fratture da fragilità e le forme più frequenti, vedremo come si arriva alla diagnosi e quali sono le terapie disponibili, in particolare per le donne in post-menopausa, che sono particolarmente a rischio.

I numeri delle fratture da fragilità

In generale, le fratture da fragilità colpiscono 1 donna su 3 e 1 uomo su 5 tra gli over50.
Attualmente, le fratture da fragilità sono la quarta principale causa di morbilità associata alle malattie croniche.

I numeri in Europa

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I numeri in Italia

Stime Italia 2019 – Adattato da Scope21

Le fratture da fragilità più frequenti

L’osteoporosi colpisce contemporaneamente tutte le ossa dello scheletro e, di conseguenza, tutte le ossa possono rompersi. Tuttavia, le fratture sono più frequenti e hanno implicazioni più gravi in alcune sedi scheletriche, quali il polso, le vertebre e il femore, seguite dalla spalla (omero) e dalle costole.

Dalle stime più recenti emerge che le fratture da fragilità più frequenti sono:

  • Nei più giovani, la frattura più comune è in genere quella di polso (frattura di Colles), che è anche la meno pericolosa. Negli anziani, i punti più a rischio sono il femore e soprattutto le vertebre.
  • Le fratture vertebrali avvengono nel 62% dei casi nelle donne. Possono essere una semplice deformazione a cuneo della vertebra (quella che viene solitamente classificata come frattura lieve o moderata) o un vero e proprio schiacciamento del corpo vertebrale (frattura severa).
    Possono verificarsi a causa di una caduta o per un movimento sbagliato (ad es. piegarsi in avanti con la schiena per raccogliere un oggetto o sollevare un peso, anche modesto).
    Soprattutto le fratture più severe possono provocare un dolore acuto e improvviso alla schiena che rende difficile o impossibile muoversi (specie se localizzato a livello lombare). La fase acuta del dolore dura da 2 a 4 settimane e l’unica misura che si può adottare per curarle, in aggiunta ai farmaci analgesici, è il riposo.
    Le fratture vertebrali, specie se sono multiple, possono lasciare uno strascico di dolore cronico alla schiena (soprattutto quando la persona sta in piedi troppo a lungo), riduzione della motilità, incurvamento in avanti della colonna vertebrale, calo di statura anche di parecchi centimetri e difficoltà respiratorie.
    Nella maggior parte dei casi, però, le fratture vertebrali (soprattutto quelle lievi) non danno sintomi o danno un dolore non significativo. Di conseguenza, rimangono misconosciute e riscontrate solo quando la persona esegue (magari per altri motivi) una radiografia.
  • Le fratture di femore sono meno frequenti, ma più temibili e pericolose di quelle vertebrali.
    Avvengono nel 75% dei casi nelle donne e la fascia di età maggiormente colpita è quella 85-89 anni.  In genere si verificano in persone più anziane, con osteoporosi più grave, come conseguenza di una caduta. Richiedono necessariamente un ricovero in ospedale, nella maggior parte dei casi un intervento chirurgico con l’inserimento di protesi e una lunga riabilitazione. Alcune persone riescono a recuperare pienamente dopo un evento di questo genere, ma altre non tornano mai ad essere del tutto indipendenti.
    I dati epidemiologici mostrano, infatti, che solo la metà dei pazienti rimane autosufficiente dopo una frattura di femore e che la sua qualità di vita successiva risulta, comunque, compromessa. Di norma, le persone che recuperano meglio sono quelle che prima dell’evento erano in condizioni migliori di salute e facevano una vita più attiva.

A seguito di una frattura da fragilità, si ha un rischio (definito “imminente”) di subire una seconda frattura nello stesso sito o in altri siti 5 volte maggiore entro i successivi 2 anni (rispetto alla media).
Inoltre, i pazienti che hanno subito una frattura al femore hanno un tasso di mortalità nell’anno successivo del 15-30%.

I fattori di rischio

Il rischio di frattura è determinato da una combinazione di fattori, che agiscono prevalentemente attraverso una riduzione della BMD (Bone Mineral Density).

Questi sono i principali:

Età L’incidenza delle fratture da fragilità aumenta con l’età in modo esponenziale. Il rischio è legato anche ad altri fattori, come ad esempio l’alterazione qualitativa della struttura ossea e l’aumento della frequenza di cadute. Perciò, a parità di BMD, il rischio di frattura è più elevato in una persona anziana rispetto ad una giovane.
Sesso femminile Le donne sono più a rischio perché i cambiamenti ormonali che si verificano in menopausa influenzano direttamente la densità ossea
Menopausa precoce Compare in genere prima dei 40 anni e può essere spontanea o indotta, ad esempio da un intervento chirurgico o da una terapia farmacologica o radioterapica, da una patologia autoimmune
Familarità per fratture da fraglilità La familiarità per fratture, in particolare del femore, influenza il rischio di frattura a prescindere dalla BMD
Fratture pregresse In entrambi i sessi una pregressa frattura da fragilità è un fattore di rischio importante, indipendentemente dalla BMD
BMD - densità minerale ossea La riduzione della BMD, la densità minerale dell’osso, è un importante fattore di rischio di frattura
Fumo Il fumo di sigaretta è un fattore di rischio indipendente per le fratture vertebrali e periferiche
Immobilità prolungata È considerato un fattore di rischio moderato
Assunzione di alcuni tipi di farmaci Ad esempio corticosteroidi, anti-estrogeni, antiandrogenici
Fattori di rischio per cadute Sono di particolare importanza, soprattutto nelle persone anziane. Ad esempio: sordità, disturbi della vista, patologie neuromuscolari, malattia di Parkinson, demenze, malnutrizione. È fondamentale, a casa delle persone anziane, rimuovere quegli elementi che potrebbero favorire le cadute, ad esempio: i tappeti, le barriere architettoniche, un’illuminazione degli ambienti non adeguata, i pavimenti scivolosi.
Comorbidità Sono numerose le patologie alle quali si associa un aumento di rischio di frattura. In alcune il rischio è mediato dalla riduzione della BMD, in altre incidono diversi meccanismi, ad esempio: infiammazione cronica, alterazione della qualità ossea, carenza di vitamina D, compromissione dello stato di salute generale, riduzione della mobilità e altre

Le patologie associate ad un aumento del rischio di frattura

La patologia più direttamente responsabile delle fratture da fragilità è senza dubbio l’osteoporosi, che insorge in età senile e in post-menopausa.
Vi sono, però, anche altre patologie associate ad un aumento di rischio di frattura, perché sono tra le condizioni che possono indurre osteoporosi secondaria.

Le principali sono:

  • Malattie reumatologiche (es. artrite reumatoide, Lupus Eritematoso Sistemico, artrite psoriasica, spondilite anchilosante)
  • Malattie endocrine (es. menopausa precoce, ipogonadismo, iperparatiroidismo, ipertiroidismo, diabete mellito di tipo I e II, ipercorticismo, acromegalia, …)
  • Malattie ematologiche (es. mieloma multiplo, talassemia, …)
  • Malattie dell’apparato gastro-enterico (es. malattie infiammatorie croniche intestinali, celiachia, malassorbimento intestinale, malattie croniche epatiche, …)
  • Malattie renali (es. ipercalciuria idiopatica renale, insufficienza renale cronica, …)
  • Malattie neurologiche (es. distrofia muscolare, sclerosi multipla, paraplegia, malattia di Parkinson, …)
  • Malattie genetiche (es. fibrosi cistica, porfiria, osteogenesi imperfetta, ipofosfatasia, …)
  • Altre patologie: (es. BPCO – Broncopneumopatia cronica ostruttiva, anoressia nervosa, HIV/AIDS, amiloidosi, sarcoidosi, …)
  • Altre condizioni (es. trapianto, dipendenze da stupefacenti o alcol, …)

Le conseguenze delle fratture da fragilità

Le fratture da fragilità causano dolore, disabilità, perdita di autonomia e in molti casi hanno un impatto significativo sulla qualità della vita.
La maggior parte delle fratture, in modo particolare quelle del femore, richiedono l’ospedalizzazione e in molti casi comportano disabilità fisica e aumento della mortalità.

A seguito di una frattura da fragilità, inoltre, si ha un rischio (definito “imminente”) di subire una seconda frattura nello stesso sito o in altri siti 5 volte maggiore entro i successivi 2 anni (rispetto alla media). Si innesca una sorta di circolo vizioso, che porta a un progressivo aumento del rischio di frattura:

  1. Avviene la prima frattura, che causa dolore, disabilità (anche temporanea), diminuzione della mobilità
  2. La riduzione della mobilità peggiora l’equilibrio, la fragilità ossea e aumenta il rischio di rifrattura
  3. Il circolo vizioso ricomincia

Strategie terapeutiche e modelli organizzativi

Opzioni e strategie terapeutiche

Le terapie farmacologiche per il trattamento delle fratture da fragilità sono quelle utilizzate per l’osteoporosi. La medicina dispone di numerosi farmaci con alti profili di sicurezza ed efficacia e diversi meccanismi di azione.

  • I farmaci anti-riassorbitivi, che riducono il riassorbimento osseo
  • I farmaci anabolici, che stimolano la formazione di nuovo osso
  • I farmaci osteoanabolici a duplice azioni (“bone builder”), che inibiscono il riassorbimento osseo e contemporaneamente stimolano la neoformazione ossea

Le donne in postmenopausa sono ad alto rischio di fratture da fragilità, a causa della rapida perdita di massa ossea dovuta alla riduzione degli estrogeni che si verifica con la cessazione del ciclo mestruale. Inoltre, la perdita di massa ossea legata alla menopausa può essere più rapida e accentuata nei casi di menopausa chirurgica dovuta all’asportazione delle ovaie e nelle pazienti oncologiche in terapia con i farmaci inibitori dell’aromatasi.

Nei pazienti con un rischio di frattura imminente e in quelli con rischio molto elevato, le più recenti Linee Guida dell’Istituto Superiore della Sanità raccomandano di pianificare un trattamento sequenziale, da anabolico ad anti-riassorbitivo, utilizzando in prima linea i farmaci osteoanabolici o i “bone builder” (Teriparatide e Romosozumab), che stimolano la ricostruzione del tessuto osseo con una migliore efficacia rispetto ai farmaci anti-riassorbitivi nel ridurre il rischio di rifrattura nel breve periodo.

Al termine del trattamento con farmaco anabolico (24 mesi per teriparatide e 12 mesi per romosozumab) le Linee Guida raccomandano di proseguire la terapia con farmaci antiriassorbitivi, seguendo uno schema di sequenziamento terapeutico.

I modelli organizzativi multidisciplinari

Per la corretta gestione del paziente con fratture da fragilità il modello organizzativo raccomandato dalle Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità è quello delle Fracture Liaison Service o Unità di gestione della Frattura, che mira all’identificazione, al trattamento e al monitoraggio di pazienti con frattura da fragilità, attraverso un approccio multidisciplinare che vede la cooperazione di più figure specialistiche, in modo da prendere in carico il paziente a più livelli e non limitarsi alla sola cura della frattura.

È importante rivolgersi a centri che gestiscano le fratture da fragilità: in questo modo il paziente viene identificato, curato e monitorato all’interno di un percorso di cura multidisciplinare, che coinvolge più specialisti.

L’inserimento del paziente fragile all’interno di questo percorso ne migliora complessivamente la qualità della vita, garantisce maggiore appropriatezza diagnostica e terapeutica permette una maggiore aderenza terapeutica e riduce anche i costi per la gestione della frattura, sia in termini di anni di vita e di salute che verrebbero sottratti al paziente, sia dal punto di vista degli oneri a carico del Sistema Sanitario Nazionale.

Come prevenire le fratture da fragilità

Anzitutto, per prevenire le fratture da fragilità bisogna prendersi cura della salute delle ossa fin dalla giovane età, per impedire – o quantomeno ritardare – l’insorgenza dell’osteoporosi.
Forza e forma fisica complessiva possono essere migliorate a qualsiasi età, modificando le cattive abitudini e seguendo un programma di attività fisica.

Sappiamo che il rischio individuale di sviluppare l’osteoporosi o di incorrere in fratture da fragilità è determinato da diversi fattori, alcuni modificabili altri non modificabili. Occorre perciò agire con determinazione sui fattori modificabili:

  • Attività fisica – Praticare attività fisica, anche moderata, in modo costante mantiene le ossa forti, i muscoli attivi e preserva l’equilibrio, allontanando il rischio di caduta e di frattura. Le persone sedentarie hanno un rischio aumentato di frattura del femore rispetto alle persone che praticano attività fisica
  • Alimentazione – Mai dimenticare che siamo ciò che mangiamo! Un’alimentazione sana ed equilibrata è raccomandata da tutte le linee guida internazionali di prevenzione. In particolare, la prevenzione della fragilità ossea ha due alleati speciali il Calcio e la Vitamina D. Il loro fabbisogno varia a seconda dell’età
  • Stile di vita – Adottare fin da giovani uno stile di vita basato su abitudini sane, limitando o eliminando quelle dannose (es. fumo e alcool), significa prendersi cura della propria salute generale, prevenire la perdita di massa ossea e ridurre il rischio di fratture e malattie ossee come l’osteoporosi

Scopri di più nella sezione
La Salute delle Ossa

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Accorgimenti ambientali e comportamentali per prevenire le fratture

Avere l’osteoporosi non significa necessariamente andare incontro, prima o poi, a una frattura: molte persone colpite da osteoporosi non ne subiranno mai nemmeno una in tutta la vita. Tuttavia, la presenza dell’osteoporosi rende le ossa più fragili e quindi aumenta sensibilmente il rischio di frattura.

Ecco perché anche dei piccoli accorgimenti a livello comportamentale possono essere molto utili a prevenire le possibili cadute.

In casa: Fuori casa:
Meglio evitare tappeti e scendiletto Evitare strade sconnesse e accidentate
Mai lasciare in giro tappeti arrotolati e oggetti che possono far inciampare Usare scarpe comode ed eventualmente ausili
Avere sempre una buona illuminazione in ogni stanza Guardare sempre dove si mettono i piedi!
Non camminare per strada leggendo il giornale o distratti dal telefonino
Accendere sempre la luce quando ci si alza di notte
Usare solo pantofole chiuse, possibilmente senza stringhe
Usare tappetini antiscivolo e maniglie per sorreggersi nella vasca o nella doccia
Per raccogliere qualcosa da terra piegarsi sulle ginocchia, non flettere la schiena

Tabella Accorgimenti ambientali e comportamentali
Adattata da SIOMMMS

Fonti