Counseling e gravidanza: il punto di vista del reumatologo

Con la Prof.ssa Marta Mosca, docente di reumatologia presso l’Università di Pisa e direttore dell’Unità di reumatologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.

In che modo il reumatologo deve e può affrontare la gravidanza di una paziente insieme al ginecologo?

Il lavoro congiunto del reumatologo, del ginecologo e di chi è coinvolto nella gestione della gravidanza è fondamentale. Direi che è un affiancamento nelle due direzioni, nel senso che il ginecologo affianca il reumatologo e il reumatologo affianca il ginecologo, anche nel counseling.

Ognuno di noi porta qualcosa, questa è l’importanza di farlo insieme. Credo che sia veramente cruciale che questo momento così delicato venga affrontato insieme.

Quando ha inizio il counseling?

Noi tendiamo a pensare all’inizio del counseling come al momento in cui la coppia – direi più che la donna – arriva dicendo “desideriamo un bambino”. In realtà, il counseling inizia molto prima. Il counseling inizia all’inizio della malattia, quando le nostre pazienti vengono da noi e hanno la preoccupazione, magari perché hanno la malattia cronica, di non potere avere dei figli.

Il counseling, quindi, inizia nel dare le informazioni in questa fase.

Le fasi del counseling

Possiamo indicare, a grandi linee, alcune fasi del counseling. Il reumatologo fa la parte iniziale, in cui racconta la malattia e, in un certo senso, rassicura la gran parte delle pazienti sul fatto che, anche se sarà un percorso difficile, la gravidanza è possibile.

Il counseling continua durante il monitoraggio della malattia, parlando di gravidanza, e si arricchisce di diverse competenze. Ecco, quindi, che subentrano altre figure e l’interazione stretta con il ginecologo.

Il counseling e la programmazione della gravidanza

Counseling significa anche programmare la gravidanza, per non avere gravidanze non previste. Quindi, significa contraccezione e in questo il reumatologo affianca il ginecologo, che offrirà un supporto magari su eventuali dubbi sulle terapie, sulle opzioni di contraccezione più indicate per le singole pazienti. Il counseling cruciale è proprio quello sul momento di decidere di tentare il concepimento, quello che viene fatto insieme, in modo da parlare un linguaggio simile, vedere la stessa cosa dal punto di vista ginecologico, ostetrico e reumatologico ma insieme e congiunto. In questo modo non si creano dubbi, anzi, si risponde ai dubbi della paziente dai diversi punti di vista.

In questa fase, cruciale, si conosce il team che seguirà la gravidanza, si espongono dubbi e ci si organizza. In questa fase poi discutiamo dell’attività di malattia, di cosa va fatto nell’immediato appunto pre-tentativo di concepimento se la terapia va modificata, cosa va eventualmente aggiunto. La coppia ha il tempo di riflettere su eventuali perplessità, sulle cose che non ha capito, quindi è importante.

Perché il counseling è un’esperienza vincente

Il counseling è un’esperienza che io credo vincente nel senso che offre non la magia, ma prepara il team ad affrontare le possibili complicanze. Quelle nelle pazienti con malattie autoimmuni sistemiche rare e complesse sono comunque gravidanze a rischio. Io dico sempre alle pazienti che non è che l’ambulatorio congiunto fa una magia, ma struttura un contesto più protetto. Vediamo svilupparsi la gravidanza e quindi, con esperienza, sappiamo come mettere in atto alcune azioni che possono servire in situazioni di emergenza. Mai trovarsi in una situazione in cui si va di corsa in un pronto soccorso! Magari si trova un ginecologo che non ci conosce, raccontiamo che abbiamo il lupus o altre problematiche, ma il collega in quella situazione si trova in difficoltà e la donna può trovarsi spiazzata in momenti già difficili.

Questa è la vera chiave di lettura: il counseling non è una magia, i rischi rimangono gli stessi, perché quelli sono dati dalla malattia, ma l’approccio integrato e l’esperienza aiutano a gestire le situazioni in un contesto che non è di emergenza.

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