L’osteoporosi

L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da alterazioni qualitative dello scheletro. Le alterazioni sono tali da portare a un aumento della fragilità ossea e del rischio di frattura.

La malattia non dà sintomi evidenti, perciò molte persone non sanno di avere l’osteoporosi finché non subiscono una frattura. Infatti, per una persona affetta da osteoporosi anche una piccola caduta, un urto, un trauma lieve possono causare la frattura dell’osso.

Dopo aver individuato i fattori di rischio e i diversi tipi di osteoporosi, vedremo come si arriva alla diagnosi e quali sono le terapie farmacologiche disponibili.

I numeri dell’osteoporosi

Si stima che in Italia l’osteoporosi colpisca circa 5.000.000 di persone, oltre il 6% della popolazione totale, soprattutto donne in menopausa (80%)

In Europa, nel 2019 erano 32milioni le persone con osteoporosi (5,6% dell’intera popolazione), 25,5% donne e 6,5% uomini

Ne è affetto il 23% delle donne oltre i 40 anni e il 14% degli uomini con più di 60 anni

Si stima che entro il 2034 il numero di adulti +75 anni crescerà del 42,6% (uomini) e del 29,6% (donne)

I fattori di rischio

La perdita di tessuto osseo, quindi la diminuzione della sua densità, fa parte del processo fisiologico di invecchiamento. In alcune persone, però, in determinate condizioni, avviene più velocemente o più precocemente del normale e questo, in alcuni casi, può causare l’osteoporosi.

Tra i fattori che aumentano il rischio di sviluppare osteoporosi vi sono:

  • Fattori anagrafici, genetici, costituzionali (sesso femminile, familiarità per osteoporosi o fratture da fragilità, BMI basso, razza caucasica o asiatica, …)
  • Alcune patologie (malattie infiammatorie croniche come artrite reumatoide e altre malattie autoimmuni sistemiche, Morbo di Crohn, celiachia, diabete mellito…)
  • Alterazioni ormonali (menopausa precoce, anche chirurgica, anoressia nervosa, bulimia, ipertiroidismo, ipogonadismo…)
  • Fattori ambientali e comportamentali (dieta povera di calcio o di vitamina D, sedentarietà, eccesso di fumo, alcol, …)
  • Terapie farmacologiche (ad es. terapie oncologiche come gli inibitori dell’aromatasi, uso prolungato di corticosteroidi, …)

L’osteoporosi colpisce soprattutto le donne dopo la menopausa, quando le ossa perdono l’effetto protettivo degli ormoni sessuali. Prima dei 50 anni uomini e donne ne soffrono in percentuale simile ma, superati i 60 anni, le donne sono progressivamente più a rischio, fino a soffrirne il doppio degli uomini.

Alcune patologie reumatologiche, inoltre, hanno un ruolo cruciale, sia come causa diretta sia in funzione delle terapie usate, nell’insorgenza dell’osteoporosi secondaria (ovvero che non è conseguenza diretta della menopausa o dell’invecchiamento).

Approfondisci le tematiche di genere nella sezione Genere e Autoimmunità

Genere e Autoimmunità

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I diversi tipi di osteoporosi

Osteoporosi primitive

  • Osteoporosi post-menopausale – è la forma più frequente di osteoporosi primitiva. È dovuta al deficit di estrogeni legato alla menopausa, che causa un’accelerazione della perdita ossea fisiologica legata all’età
  • Osteoporosi giovanile – è una forma di malattia che si riscontra nell’infanzia e nell’adolescenza o in età premenopausale. Soprattutto per le forme infantili e adolescenziali è dovuta perlopiù a mutazioni genetiche o ad alterazioni delle cellule che promuovono la produzione di nuovo tessuto osseo (gli osteoblasti)
  • Osteoporosi maschile – nella maggior parte dei casi, negli uomini l’osteoporosi è dovuta a forme secondarie. A volte è correlata alla riduzione del testosterone, l’ormone maschile che aiuta a mantenere le ossa sane

Osteoporosi secondarie

  • Osteoporosi da glucocorticoidi – L’assunzione di glucocorticoidi, utilizzati nel trattamento di patologie infiammatorie croniche e autoimmuni come, ad esempio, l’artrite reumatoide e le malattie infiammatorie croniche intestinali, è un’importante causa di osteoporosi e fratture da fragilità. I glucocortocoidi, infatti, stimolano il riassorbimento e riducono la neoformazione ossea. Le fratture da fragilità si verificano in una percentuale compresa tra il 30 e il 50% dei pazienti entro i primi 5 anni di terapia cronica con i glucocorticoidi; la probabilità è aumentata in presenza di altri fattori di rischio, in particolare l’età avanzata, fratture pregresse o, nella donna, la menopausa.
  • Osteoporosi da terapia anti-ormonale con inibitori dell’aromatasi e analoghi del GnRH– Sono farmaci che vengono ampiamente utilizzati nelle donne con carcinoma della mammella e negli uomini con carcinoma della prostata. Riducendo i livelli degli ormoni sessuali, inducono una rapida e progressiva perdita di massa ossea. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare il rischio è più alto nei soggetti più giovani.
  • Osteoporosi da altri farmaci – Esiste un’ampia letteratura scientifica che associa alcune classi di farmaci ad osteoporosi e a fratture da fragilità. Ad esempio, oltre ai farmaci sopra citati, gli inibitori di pompa protonica, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, la levotiroxina (non ai dosaggi utilizzati per correggere l’ipotiroidismo nei pazienti con gozzo multinodulare o con la tiroidite di Hashimoto), gli anticonvulsivanti e l’eparina utilizzata per molti mesi.
    Un elenco esaustivo si trova nelle Linee guida sulla gestione dell’osteoporosi e delle fratture da fragilità della Commissione Intrasocietaria per l’Osteoporosi. 
  • Osteoporosi secondaria ad altre patologie – Numerose patologie (reumatologiche, endocrinologiche, gastroenterologiche, ematologiche, polmonari,…) si associano ad un aumentato rischio di osteoporosi e fratture, sia a causa della malattia sia dei farmaci che si assumono per il controllo della stessa.

La diagnosi dell’osteoporosi

La diagnosi di osteoporosi e la valutazione del rischio di fratture da fragilità viene fatta da molte figure professionali: il reumatologo, ma anche gli endocrinologi, i ginecologi i fisiatri, gli ortopedici, i geriatri e imedici di medicina generale. Si basa sull’anamnesi, sull’esame obiettivo, sugli esami strumentali e sugli esami di laboratorio.

  • Nel corso dell’anamnesi il medico raccoglie informazioni sulla storia clinica della persona, lo stile di vita, la presenza di fattori di rischio (ad esempio, pregresse fratture da fragilità o familiarità per fratture, l’assunzione di farmaci per altre patologie, che possono interferire con il metabolismo osseo, malattie che portano a perdita di massa ossea, l’età della menopausa.
  • Con l’esame obiettivo il medico valuta la postura e la presenza di cifosi, che potrebbe indicare la presenza di uno o più cedimenti vertebrali.
  • La diagnosi strumentale consente al medico di valutare alcuni parametri specifici della salute delle ossa e utilizza vari esami.

La diagnosi strumentale dell’osteoporosi

Densitometria ossea computerizzata a raggi X (DXA)

La densitometria a raggi X (DXA) è considerata il miglior predittore di rischio di fratture osteoporotiche. Consente di misurare in modo accurato e preciso la massa ossea, in particolare la densità minerale (BMD, Bone Mineral Density) e di raffrontare il valore con quello medio di soggetti adulti sani dello stesso sesso. Il risultato è espresso nell’unità di misura T-score ed è sempre integrata da una adeguata valutazione clinica.

Tabella: come interpretare i risultati della densitometria*

BMD normale T-score compreso tra +2,5 e -1,0 SD
Osteopenia T-score compreso tra -1,0 e -2,5 SD
Osteoporosi T-score uguale o inferiore a -2,5 SD
Osteoporosi severa T-score inferiore a -2,5 SD e presenza di una o più fratture da fragilità

*adattato da Linee guida sulla gestione dell’osteoporosi e delle fratture da fragilità della Commissione Intrasocietaria per l’Osteoporosi.

La soglia diagnostica in T-score non coincide con la soglia terapeutica. Infatti, vi sono altri fattori – scheletrici ed extrascheletrici – che condizionano sia il rischio di frattura del singolo soggetto sia la decisione di prescrivere o meno un trattamento farmacologico.
Si possono effettuare anche altre analisi strumentali per valutare la presenza di fratture da fragilità, vi rimandiamo alla pagina dedicata per ulteriori approfondimenti.

La diagnosi di laboratorio

Anche gli esami di laboratorio (esami del sangue e delle urine) di I e II livello sono molto importanti per la gestione dell’osteoporosi. Infatti, consentono la diagnosi differenziale con altre malattie metaboliche dello scheletro che possono comportare ridotta BMD, la diagnosi di forme di osteoporosi secondaria, essere di supporto al medico per le scelte farmacologiche e per valutare l’aderenza alla terapia prescritta.

Come si cura l’osteoporosi

Le misure da adottare nel corso della vita per prevenire l’osteoporosi agendo sui fattori di rischio modificabili sono numerose. Quando, invece, una persona presenta un elevato rischio di frattura, è necessario intervenire con trattamenti farmacologici, per prevenire le fratture da fragilità.

La terapia farmacologica

L’osteoporosi è una patologia cronica dalla quale non si può guarire, se non in pochi casi. Tuttavia, il processo innescato dalla malattia può essere rallentato o, in alcuni casi, arrestato, grazie all’ampia gamma di farmaci specifici di cui disponiamo, che riducono in modo significativo anche il rischio di fratture da fragilità.

Alcuni farmaci possono essere prescritti da qualsiasi medico, per altri invece è richiesto un piano terapeutico personalizzato e possono essere prescritti solo dallo specialista, dopo un’attenta valutazione della persona che tenga conto di numerosi fattori: sesso (alcuni farmaci sono approvati solo per le donne), età (soprattutto nelle donne), gravità dell’osteoporosi, presenza di altri fattori di rischio, presenza di altre patologie.

I farmaci anti-riassorbitivi

  • I bifosfonati – sono potenti inibitori del riassorbimento osseo e attualmente rappresentano il caposaldo della terapia farmacologica dell’osteoporosi. Le diverse molecole disponibili hanno modalità di somministrazione differenti (per bocca, per via endovenosa o intramuscolare) e diverse posologie (giornaliere, settimanali, mensili, annuali). L’effetto antiriassorbitivo dei bifosfonati persiste anche dopo la loro sospensione, motivo per il quale in alcuni casi è possibile intervallare l’assunzione dei bifosfonati con brevi periodi di sospensione. In Italia le molecole disponibili sono: etidronato, clodronato, alendronato, risedronato, ibandronato, zolendronato, nerindronato ma non tutte hanno indicazione per l’osteoporosi e non tutte hanno dimostrato di ridurre il rischio di frattura.
  • Denosumab – è un anticorpo monoclonale umano che agisce sopprimendo il turnover osseo e incrementando la BMD, diminuendo significativamente il rischio di fratture. Negli studi clinici è risultato efficace anche nel ridurre il rischio di fratture in donne con carcinoma mammario che assumono gli inibitori dell’aromatasi e in uomini con carcinoma prostatico in cura con antiandrogeni. Si somministra mediante un’iniezione sottocute due volte l’anno e il suo effetto cessa rapidamente quando si sospende la terapia.
  • La TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva) – nelle donne in menopausa i trattamenti con estrogeni, da soli o in combinazione con i progestinici e con tibolone, si sono dimostrati in grado di ridurre il turnover osseo e di incrementare la massa ossea. Per contro, la protezione contro le fratture si ottiene a spese di un aumento del rischio di diverse problematiche, tra cui eventi cardiovascolari e cancro al seno e all’utero. Questo rischio è stato ridimensionato dagli studi più recenti, ma questo rimane il motivo per il quale generalmente questi trattamenti vengono riservati alle donne più giovani e con importanti sintomi dovuti alla menopausa.
  • I SERM (modulatori selettivi del recettore degli estrogeni), si legano al recettore degli estrogeni e minimizzano i suoi effetti avversi, riducendo il rischio di frattura. Hanno mostrato di rallentare il turnover osseo e aumentare la BMD, oltre a ridurre il rischio di fratture. Analogamente alla TOS, possono aumentare il rischio di eventi tromboembolici. I due attualmente approvati in Italia sono raloxifene e bazedoxifene.

I farmaci anabolici

I farmaci anabolici stimolano le cellule che producono nuovo osso. Al momento, appartiene a questa categoria di farmaci solo il teriparatide, un frammento dell’ormone paratiroideo umano, prodotto con tecniche di ingegneria genetica. Questo farmaco è approvato per il trattamento dell’osteoporosi nelle donne in post-menopausa e negli uomini ad alto rischio di frattura. Inoltre, è approvato per il trattamento dell’osteoporosi nelle donne e negli uomini che sono in terapia prolungata con steroidi.

I farmaci osteoanabolici a duplice azione (“bone builder”)

I farmaci osteoanabolici a duplice azione, o “bone builder” inibiscono il riassorbimento osseo mentre stimolano la neoformazione ossea. L’unica molecola finora disponibile in questa categoria è Romosozumab, un anticorpo monoclonale approvato per il trattamento dell’osteoporosi severa nelle donne in post-menopausa ad alto rischio di frattura.
La sua azione è duplice: agisce stimolando la formazione di nuovo tessuto osseo mentre ne riduce il riassorbimento.
Dagli studi clinici emerge che dopo un anno di trattamento, romosozumab aumenta la quantità di massa ossea e aumenta lo spessore delle trabecole ossee e per questo è definito “bone builder”.

Linee Guida e strategie terapeutiche

Nei pazienti con un rischio di frattura imminente e in quelli con rischio molto elevato, le più recenti Linee Guida dell’Istituto Superiore della Sanità raccomandano di pianificare un trattamento sequenziale, da anabolico ad anti-riassorbitivo, utilizzando in prima linea i farmaci osteoanabolici e “bone builder” (Teriparatide e Romosozumab), che stimolano la ricostruzione del tessuto osseo con una migliore efficacia rispetto ai farmaci anti-riassorbitivi nel ridurre il rischio di rifrattura nel breve periodo. Questi farmaci possono essere prescritti solo dallo specialista su apposito piano terapeutico ed in presenza di specifiche condizioni di rischio

Al termine del trattamento con farmaco anabolico (24 mesi per teriparatide e 12 mesi per romosozumab) le Linee Guida raccomandano di proseguire la terapia con farmaci antiriassorbitivi, seguendo uno schema di sequenziamento terapeutico.

 L’aderenza terapeutica è fondamentale e bisogna sottoporsi ai controlli periodici che il medico richiede.

I trattamenti non farmacologici per prevenire l’osteoporosi

  • Calcio – è un elemento fondamentale per la salute delle ossa: incrementa la densità della matrice ossea nei bambini, la mantiene negli adulti, ne rallenta la perdita nelle donne in post-menopausa. Il fabbisogno quotidiano varia a seconda dell’età e delle condizioni (es. gravidanza, post-menopausa), talvolta può essere opportuna una supplementazione
  • Vitamina D – La vitamina D è prodotta in gran parte a livello della pelle quando ci si espone al sole in particolari orari e periodi dell’anno. Il deficit di vitamina D rimane in Italia estremamente frequente (insufficiente esposizione al sole, uso di protezione solare che è necessaria per la prevenzione dei tumori della pelle ma inficia la produzione di vitamina D, ridotta produzione dovuta all’età). Ciò spiega  perchè debba essere prescritta la supplementazione di Vitamina D, soprattutto negli anziani, sempre in base alle caratteristiche della persona, alla storia clinica e al fabbisogno reale.
  • Attività fisica e prevenzione delle cadute – L’attività fisica, a qualunque età, è un vero e proprio toccasana per le ossa, ed è quindi un ottimo strumento di prevenzione non solo dell’osteoporosi ma anche delle cadute. Va calibrata, per intensità e frequenza all’età, alla forza muscolare, alle eventuali comorbilità. In generale, camminare almeno 30 minuti al giorno ha un impatto positivo sulla salute in generale, sul tono muscolare e, di conseguenza, anche sulla salute delle ossa.

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